Perché la vera domanda è: la gestione del talento si riduce davvero a una mera questione di tribù aziendali?
C’è chi afferma, infatti, che la gestione del talento, o talent management, non funzioni più a causa del naturale sviluppo in azienda di gruppi che assumono specifiche mentalità e identità, le tribù.
Le ferie estive sono finite, ma la mia mente coglie minimi pretesti per sorvolare ancora su posti esotici e lontani, che richiamano paesaggi e culture diverse. Sarà per questo motivo che mi è tornato alla mente un articolo dell’Harvard Business Review che lessi un pò di tempo fà: 3 Reasons Why Talent Management Isn’t Working Anymore. La tesi dell’articolo affonda le sue radici proprio sulla considerazione che le persone sono tribali.
Riassumendo, l’articolo asserisce che le persone possono sicuramente fare la differenza in un’organizzazione, ma un sistema sociale, come quello delle grandi aziende, è sempre più forte del singolo, che inevitabilmente si adatta al contesto. Ciò avviene perché, a prescindere dalle dimensioni dell’organizzazione, le persone tendono a raggrupparsi in piccoli gruppi ed è attraverso queste tribù che definiscono il proprio lavoro.
Accade, quindi, che i dirigenti, anziché pensare alla ricerca e gestione del talento, promuovono la familiarità. In pratica le persone che vengono definite “talentuose” sono quelle che riescono a inserirsi meglio nell’azienda (o fanno finta di farlo) e si guadagnano meglio la fiducia e il favore del superiore.
In parole povere, le organizzazioni condizionano le persone a lavorare in un determinato modo, perpetuando gli stessi problemi che molto probabilmente il CEO spera di risolvere.
Secondo l’autore dell’articolo, affinché l’azienda diventi un vero motore che crea e genera talento, i dirigenti devono comprendere il DNA del sistema sociale dell’organizzazione e il tipo di persone che prosperano in questo contesto. E devono farlo esattamente prima di concentrarsi sull’assumere e promuovere le persone migliori. Infatti questo meccanismo non va confuso con il “talento” delle persone, che è tutt’altra cosa.
Questa logica di promozione della familiarità accade in tutte le organizzazioni del mondo. Le aziende coltivano nei loro sistemi di gestione del talento questi meccanismi tossici, che di fatti non permettono un reale cambiamento dell’azienda, spingendola verso conclusioni sbagliate.
L’articolo si conclude affermando che, prima di investire nella valutazione e gestione del talento delle persone, le aziende hanno bisogno di rivedere l’intero sistema, comprendendo i limiti di questo talent management e iniziare a sviluppare approcci migliori, che aiutano veramente le persone a capire e a modellare il contesto aziendale in base ai diversi livelli di prestazione desiderati.
Riscontrate anche voi questi meccanismi nella vostra azienda? Quale potrebbe essere una soluzione a questo problema?
Se davvero le persone sono così tribali, sarebbe utile utilizzare gli strumenti di comunicazione interna aziendale anche per diminuire (o eliminare) il numero di questi gruppi esistenti in azienda? Gli strumenti di social collaboration o social network aziendali potrebbero estendere questo senso di familiarità a un numero sempre maggiore di persone? Potrebbero aiutare a capire il DNA dell’organizzazione e in seguito a individuare e gestire il talento?
Commenta l’articolo su LinkedIN